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3D Company | Stampanti 3D per l'industria

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Approfondimento

Stampante 3D Industriale: criteri e caratteristiche

Mi sento chiedere spesso, durante i colloqui con chi è interessato alla stampante 3D industriale, se le nostre sono stampanti 3D professionali o industriali. Vorrei, quindi, fare chiarezza sull’argomento per poi farvi un esempio di una stampante 3D che, come da scopo dell’articolo, può essere definita una stampante 3D industriale.

Stampante 3D industriale o professionale

Fermo restando che siamo in grado tutti di capire la differenza tra professionale, per i professionisti, e industriale, per l’industria, è bene non perderci in artifizi semantici e non abusare di retorica: una stampante 3D può essere allo stesso tempo professionale e industriale, adatta per i professionisti dell’industria e, aiuto, ideale per l’industria dei professionisti.

Per evitare che la mia maestra di italiano non mi rivolga più la parola, torno serio: una stampante 3D può essere allo stesso tempo professionale e industriale, ma c’è da dire che se non è industriale non può essere così professionale, e che se non è professionale, allora, figurati se può andar bene per l’industria.

Intanto, possiamo cominciare col chiarire una volta per tutte che la stampante 3D industriale ha delle caratteristiche che le permettono di definirsi tale:

  • garanzia di ore di lavorazione senza interruzioni, o ridotte al minimo;
  • realizzazione di parti durevoli e non soggette all’incuria del tempo;
  • funzionalità specifiche della macchina a garanzia del rispetto di certe soglie di qualità.


Detto in parole povere, una stampante 3D industriale appartiene a una categoria di stampanti 3D che va incontro alle esigenze, sempre molto stringenti, di chi produce.

I materiali di una stampante 3D industriale

La qualità dei prodotti si è sempre misurata con i livelli di finitura, di accuratezza e di resistenza che questi hanno una volta usciti dalla produzione. Se un materiale utilizzato dalla stampante 3D si deturpa col passare del tempo a causa dell’esposizione alla luce (vedi l’ABS), questo materiale sarà super adatto per fare un prototipo di ciò che verrà prodotto, non certo per essere inserito, come parte funzionale, come mano di presa robot costretta a continue e cicliche sollecitazioni.

Le stampanti 3D che fanno prototipi o parti finali con livelli di resistenza meccanica al di sotto di una certa soglia, non potranno essere definite prettamente “industriali” perché nel settore dell’industria manifatturiera, dove le lavorazioni meccaniche sono continue e le parti utilizzate devono resistere a certi carichi, si è poco “tolleranti” con le parti poco resistenti.

Alluminio, il materiale più usato

Un esempio ci può correre in aiuto. Dovete sapere che prima dell’avvento delle stampanti 3D industriali, il materiale che veniva utilizzato di più per realizzare parti funzionali o attrezzature di produzione era (ed è ancor oggi) l’alluminio.

Lingotto di alluminio | 3D Company
Lingotto di alluminio. Fonte: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Lingotto_di_alluminio_-_Museo_scienza_tecnologia_Milano_02651.jpg

L’alluminio, nell’industria manifatturiera, viene utilizzato per realizzare posaggi, ganasce, calibri di controllo, dime, griffe, ruote dentate, mani di presa, sistemi di presa a vuoto. E ancora, valvole, maschere di saldatura, alloggiamenti, flange, fixture, ecc… Potrei andare avanti ancora un paragrafo, ma sono sicuro di aver espresso il concetto: possono essere tantissimi gli usi dell’alluminio in un’industria.

Bene. Capite, quindi, che se un pezzo stampato in 3D varca le soglie di uno stabilimento produttivo per sostituirsi all’alluminio è perché questo pezzo ha superato varie prove di resistenza meccanica allo stress a cui verrebbe sottoposto durante i cicli di lavorazione. Ogni stabilimento produttivo può avere la necessità di fare alcuni o, magari, tutti i test di resistenza meccanica.

Test di resistenza a:

  • Trazione
  • Compressione
  • Torsione
  • Flessione
  • Taglio
  • Prova di durezza

Come vedete, solo parlando di prove di resistenza meccanica i criteri per la validazione di un componente sono tanti. Non sto qui a elencare tutti i test che un’azienda può mettere a disposizione (da quelli chimici, termici, ecc…). Possiamo, però, trarre una prima conclusione: una parte stampata in 3D può essere utilizzata come parte funzionale in uno stabilimento produttivo solo se questa si avvicina o, ancor meglio, supera la duttilità e le proprietà di resistenza meccanica che ha l’alluminio.

Tecnopolimeri: i polimeri rinforzati nella stampa 3D

Se, quindi, i criteri per definire una stampante 3D come industriale sono molto severi e stringenti, non è facile trovare sul mercato tante stampanti 3D che li rispettino. Le stampanti 3D che possono definirsi industriali sono poche: in questo gruppo rientrano tutte quelle stampanti che producono tecnopolimeri. Cosa sono i tecnopolimeri? Sono polimeri che hanno caratteristiche di resistenza tali da consentire il loro impiego in sostituzione dei metalli. Le parti in composito rinforzate con la fibra (meglio se fibra continua) sono dei tecnopolimeri.

Sul mercato, si trovano ormai tante case produttrici che stampano tecnopolimeri, che non sono altro che parti di materiale plastico con, annegata all’interno, della fibra sotto forma di microparticelle di fibra di carbonio (materiale composito). La Stratasys, per esempio, ha un composito formato da PA, cioè Nylon, con frammenti di fibra di carbonio. Il materiale prodotto, quindi, in questo caso rientra tra quelli adatti all’industria manifatturiera perché realizza parti più resistenti dell’ABS e del PLA.

Nonostante questo, le aziende che fanno produzione, come dicevo, hanno criteri molto stringenti e severi per i materiali con cui lavorano. E se vuoi convincere un’azienda a non usare l’alluminio, allora devi dimostrargli che il materiale composito rinforzato con la fibra di carbonio si comporta come e addirittura meglio. Ci sono varie tipologie, però, di composito rinforzato. Scopriremo che Stratasys non è la casa produttrice che crea quelli più resistenti e adatti alle aziende che fanno produzione.

Differenza tra fibra continua (o lunga) e fibra corta

I tecnopolimeri prodotti dalla casa produttrice citata più sopra hanno il rinforzo in fibra corta. Per capirci meglio, i tecnopolimeri Stratasys hanno piccoli frammenti di fibra di carbonio annegati nella matrice in nylon.

Fibra di carbonio - bobine Markforged | 3D Company
In primo piano: bobine di fibra di carbonio Markforged

Sapete che differenza c’è tra un materiale composito rinforzato con fibra lunga (o continua) e uno con fibra corta? C’è una netta differenza, che si rivela fondamentale quando si parla di parti per le officine meccaniche o reparti di utensileria di un’industria. Per venirci in aiuto, ricorrerò a un esempio che rubo a un caro collega, Fabio Bertoldo: pensate a un wafer, composto da più cialde una sopra l’altra, molto friabili e leggere, e dal cioccolato spalmato su ognuna di esse. Se prendete il wafer tutto insieme, questo sarà stabile e si romperà solo se viene esercitata una certa forza. Se la cialda, però, invece che per intero, fosse messa a frammenti, il wafer risulterebbe molto più fragile e la forza da esercitare per spezzarlo sarebbe molto più piccola.

Scheda di resistenza a trazione delle fibre lunghe di Carbonio, Vetro, Vetro HSHT e Kevlar | 3D Company
L’Onyx, la matrice, può essere rinforzato con le fibre lunghe di Carbonio, Vetro, Vetro HSHT e Kevlar

La fibra continua è come il wafer disposto per l’intera lunghezza a disposizione senza interruzioni e, quindi, in maniera continua.

La stampante 3D industriale per eccellenza

Tornando alla stampa 3D, l’unica stampante 3D industriale esistente nel mercato che ha il brevetto per stampare parti in polimero rinforzate in fibra continua è Markforged. La stampante 3D industriale per eccellenza si chiama X7.

Stampante 3D Industriale Markforged X7 | 3D Company
Markforged X7, la stampante 3D industriale per eccellenza

Questa stampante 3D realizza parti in Onyx (PA6 + microparticelle di carbonio, un composito di per sé già più resistente dell’ABS) rinforzate con fibra lunga di Carbonio, Vetro, Vetro HSHT e Kevlar. Le altre case produttrici, non potendo usare i brevetti sulla fibra continua hanno cercato di correre ai ripari inserendo, appunto, dei frammenti di fibra di carbonio (vedi quanto si diceva sopra riguardo a Stratasys).

Resistenza a trazione Onyx, ABS e Nylon
Il grafico mostra la resistenza a trazione dei vari tipi di Onyx in confronto all’ABS e al Nylon

Come abbiamo visto in precedenza, però, il materiale composito delle stampanti Markforged è già di per sé un materiale rinforzato. E’, infatti, costituito da PA + microparticelle di fibra di carbonio. Immaginate da soli, quindi, quanto possa aumentare la resistenza a trazione di questo materiale dopo che viene ulteriormente rinforzato con la fibra continua di Carbonio, Vetro o Kevlar.

Per maggiori informazioni sui materiali compositi di Markforged e su tutte le applicazioni rivolte all’industria manifatturiera vi lascio il link dell’unico distributore dedicato al 100% a Markforged, la 3D Company di Torino.

Di Alberto Bodrero
Pubblicato il 27 Maggio 2021

Filed Under: Approfondimento

Stampante 3D per Metallo

Stampante 3D per il metallo: tecnologia, produttori e vantaggi

La stampante 3D a metallo è un sogno che si concretizza a metà anni ’90 sull’onda dell’invenzione della stampa 3D per i materiali polimerici.

Storia dell’Additive Manufacturing tradizionale con tecnologia LPBF (SLM, DMLS, DMP)

Ci sono diverse tecnologie di stampa 3D per metallo. Vediamone alcune per capire, oltre al loro funzionamento, anche i vantaggi dell’utilizzo di una piuttosto che dell’altra.

LPBF (Laser Powder Bed Fusion)

Quando nel 1995 la SLM Solution e la EOS inventarono le stampanti 3D a fusione laser a letto di polvere (Laser Powder Bed Fusion, LPBF) fu una vera e propria rivoluzione. Finalmente, sarebbe stato possibile realizzare parti complesse e di piccoli lotti senza dover impiegare macchine a controllo numerico che, come noto, oltre ad avere alti costi di accesso, sono costruite e ottimizzate per un numero molto elevato di parti.

Schema del processo di Selective Laser Melting (SLM) per le stampanti 3D metallo a tecnologia LPBF
Schema del processo di Selective Laser Melting (SLM) anche conosciuto con l’acronimo LPBF

Per quanto ogni produttore utilizzi il proprio acronimo per identificare il proprio sistema di Additive Manufacturing per metallo, la tecnologia è uguale per tutti*. Il ripiano, detto “elevatore”, si muove sull’asse z abbassandosi ogni volta che viene fuso uno strato di polvere dal laser attraverso un sistema di specchi. Con questo procedimento viene realizzato il primo layer e così di seguito fino alla realizzazione completa della parte. Ciò che si distingue in ogni tecnologia LPBF sono alcuni aspetti processuali oltre ai vari e numerosi brevetti registrati dai diversi produttori (la direzione del gas inerte, la racla, o rullo, sono solo alcuni di questi).

*SLM é un acronimo che sta per Selective Laser Melting, della SLM Solution; DMLS sta, invece, per Direct Metal Laser Sintering ed é della EOS.

Problematiche tecnologia LPBF

La complessità del processo di fusione laser a letto di polvere comporta, però, alcune problematiche di non facile gestione. Oltre alla definizione dei parametri di produzione, all’incirca 130, ogni volta costruita la parte, questa viene messa con i supporti dentro un forno per un trattamento termico che ha il fine di rilasciare gli stress residui creati al proprio interno.

Polveri metalliche per le stampanti a tecnologia LPBF
La grande quantità di polveri metalliche richiedono lavori di aspirazione per la salvaguardia della salute dell’uomo ma anche per evitare di incontrare problematiche di cross contamination

L’eliminazione della polvere non solo dalla camera di lavoro ma anche dalla parte stampata, inoltre, richiede un lavoro di post processing che richiede personale specializzato. Anche la porosità della parte, i layer disgiunti e la diffusione di fumi possono essere delle problematiche per la qualità del prodotto ma anche, se inalati, per la salute degli operatori.

Produttori macchine tecnologia LPBF

Sono tanti i produttori di stampanti 3D che, come detto, utilizzano la tecnologia LPBF.

Senza voler far torti a nessuno, elenchiamo qui di seguito i principali produttori (in ordine alfabetico):

  • 3D Systems
  • Concept Laser
  • EOS
  • Prima Industrie
  • Realizer
  • Renishaw
  • SISMA
  • SLM Solution

Tecnologia ADAM della Metal X, le tre unità e le tre fasi della stampante 3D per metallo unica nel suo genere

La tecnologia ADAM (Atomic Diffusion Additive Manufacturing) prevede tre unità di lavorazione.

Markforged Metal X - Stampante 3D metallo
Fase 1: unità di stampa 3D, la Metal X

La prima, la stampante 3D ha, come prima grossa differenza rispetto alla tecnologia LPBF, una tecnica di lavorazione che prevede il filamento invece che il letto di polvere. Infatti, questa tecnologia additiva figlia dell’FDM (Fused Deposition Modeling), estrude un filamento formato da metallo + legante polimerico misto a cera. Questa tecnologia prevede due ugelli: uno per l’estrusione del filamento metallico mischiato al legante polimerico, ed uno per il materiale ceramico. Se il primo serve a costruire layer dopo layer la parte da stampare, il secondo ha lo scopo di depositare il layer di giunzione tra il piano di lavoro e il supporto, e tra il supporto e la parte. La rimozione del supporto diventa, grazie al materiale ceramico, un’operazione molto semplice da eseguire. Al termine del processo di stampa 3D del componente otteniamo quella che viene definita la “green part”.

Markforged Wash-1 - lavaggio delle parti - 3D Company
Fase 2: unità di lavaggio, il Wash-1

La seconda unità si chiama Wash e ha il compito di rimuovere il legante polimerico ceroso dalle parti stampate. Dopo la stampa della parte, questa viene immersa in un solvente per un tempo stabilito dal software che dipende dal volume e dalla geometria della parte. Quando viene a termine il processo di debinding, il componente viene messo in un vano dedicato del Wash ad asciugare. Si ottiene così quella che viene chiamata la “brown part”.

Markforged Sinter-2 - la sinterizzazione - 3D Company
Fase 3: unità di sinterizzazione, il Sinter-2

L’ultima fase del processo è la sinterizzazione. La “brown part” viene inserita nel Sinter per un tempo fisso pari a circa 27 ore. Poiché il tempo dell’infornata è lo stesso anche se si tratta di più parti contemporaneamente, è buona pratica inserirne quante più possibile per ottimizzare tempi e costi di sinterizzazione. Il sinterizzatore, che ha una precisione di 125 µm, lavora con gas inerte (argon) + una miscela di idrogeno e argon. I parametri di processo, che non sono modificabili dall’utente, sono preimpostati dal produttore e variano in base al materiale scelto.

I materiali disponibili con la tecnologia ADAM

  • Acciaio Inox 17-4 PH
  • Acciaio Inox 316L
  • Acciai per utensili A2, D2, H13
  • Inconel 625
  • Rame puro al 99,8%
  • Ti64
Rame puro nella Stampante 3D metallo Metal X Markforged | 3D Company
Parti in rame estratte dal Sinter-2 dopo la fase di sinterizzazione

Le applicazioni della stampante 3D per metallo Metal X

Sono svariate le applicazioni delle parti realizzate con la tecnologia con la stampante 3D per metallo a tecnologia ADAM. Innanzitutto, é bene tener presente che con la tecnologia menzionata, in quanto si tratta di una stampante 3D, si ragiona in termini di piccoli lotti. Realizzarli con la tecnologia LPBF, visto l’alto costo di acquisto, le attività di post processing e i DPI necessari per il pericolo di polveri metalliche nell’aria, non risulterebbe altrettanto competitivo.

Le applicazioni più comuni sono le attrezzature di produzione e gli utensili speciali. Per avere, però, una panoramica dettagliata sulle numerose applicazioni della Metal X, rimandiamo l’utente alla ricca sezione dedicata sul sito 3D Company, il partner più rinomato di Markforged: le applicazioni delle stampanti 3D Markforged.

Vantaggi tecnologia ADAM

I vantaggi più evidenti della tecnologia ADAM sono il costo d’acquisto, nettamente più contenuto rispetto alle macchine a tecnologia LPBF, e la semplicità di messa in opera. I parametri di processo, infatti, sono più semplici da gestire perchè già impostati dal produttore e ciò è, indubbiamente, un altro vantaggio del sistema in questione.

Di Alberto Bodrero
Pubblicato il 25 Maggio 2021

Filed Under: Approfondimento

Additive Manufacturing, questo sconosciuto

L’Additive Manufacturing spiegato ai non addetti ai lavori

Mi capita spesso di parlare di Additive Manufacturing fuori dal mio luogo di lavoro e, ogni volta che viene nominata questa combinazione di parole, l’espressione che fa il mio interlocutore non è certo di una (o uno) che ha capito di cosa stiamo parlando.

Questo breve articolo, infatti, vuole cercare di venire incontro a chi non conosce l’Additive Manufacturing o a chi ne ha un’idea molto vaga.

Che cos’è l’Additive Manufacturing

Quando mi hanno spiegato per la prima volta che cos’è l’Additive Manufacturing la mia espressione doveva essere del tutto simile a quella degli interlocutori a cui mi riferivo più sopra. Cosa sta dicendo questo? Ecco, un altro che usa termini inglesi! Ma parla come mangi che ti capiamo tutti! Additive che? Per le pulizie?

Additive Manufacturing (AM) sta per “Produzione Additiva”, e connota quel tipo di produzione che ha la peculiarità di aggiungere (“add”, dall’inglese, vuole dire “aggiungere”) strato dopo strato del materiale fino a comporre un prodotto finito. Questa tecnica di produzione si contrappone totalmente al metodo tradizionale ancora in massiccio uso oggi, e cioè la produzione sottrattiva. Per definizione, questo tipo di tecnica invece di aggiungere materiale per creare un oggetto, lo sottrae, lo asporta. Mentre la prima, quindi, poiché aggiunge del materiale, parte da una quantità di questo pari a zero, la seconda parte da una massa di materiale da cui asportarne pezzi fino ad ottenere la forma desiderata.

Scultura - tecnologia estrattiva | 3D Company
L’incisione del marmo fa parte delle tecniche sottrattive

Se vogliamo fare un paragone efficace, pensate allo scultore che vuole realizzare una statua. Questi parte da una forma di materiale molto grossa (poniamo, a puro titolo esemplificativo, un cubo di granito) da cui incidere e intagliare il materiale fino a ottenere la forma desiderata che, ovviamente, avrà un peso minore a causa del materiale asportato.

Chiarito il significato del termine Additive Manufacturing, è necessario spiegare quali sono i macchinari che fanno produzione additiva.

Le stampanti 3D: è rivoluzione 4.0

Le stampanti 3D usano la tecnica di produzione additiva per realizzare oggetti finiti partendo da un disegno realizzato con uno dei tanti programmi di disegno meccanico (per i neofiti si chiama disegno CAD). Questo disegno viene caricato nella stampante 3D che, dopo aver settato alcuni parametri, inizia a depositare il materiale, strato su strato, fino ad ottenere la forma disegnata con il programma CAD.  Molto semplice fin qui, vero?

La complessità dell’argomento stampanti 3D, però, risiede nelle varie tecnologie a disposizione, nel settaggio dei parametri di processo, nella scelta dei materiali e, ahimè, dalle barriere culturali che ogni nuova tecnologia si porta dietro.

Esistono decine e decine di case produttrici di stampanti 3D nel mondo, ma solo alcune di esse sono riuscite ad affermarsi per la stabilità delle parti stampate e per la loro qualità. Dividerei le stampanti 3D in due grossi insiemi: le stampanti 3D per la produzione e quelle per la prototipazione.

Additive Manufacturing per la prototipazione - 3D Company
Prototipi stampati in 3D

Additive Manufacturing: dalla prototipazione alla produzione

Quelle per la prototipazione sono state le prime, in termini di tempo, ad affermarsi sul mercato. Con i tanti, anche se non così performanti, materiali a disposizione sono diventate a partire dagli anni ’90 un utilissimo strumento per realizzare prototipi o oggetti finiti rivolti al mondo del design, dell’architettura fino al modellismo. Sono entrati nel settore manifatturiero solo marginalmente a causa del fatto che i materiali delle stampanti 3D per prototipazione non superavano gli standard richiesti dall’industria. Infatti, criteri come la stabilità fisica del materiale e la resistenza meccanica sono delle prerogative essenziali per le esigenze qualitative di chi fa produzione.

A partire però dal 2013-2014, la stampante 3D ha bruscamente cambiato i suoi connotati scoprendosi come uno strumento rivolto anche alla produzione di parti finali in settori dell’industria manifatturiera come l’Automotive, il Packaging, l’Automazione, l’Aerospace, e tanti altri fino al settore militare. Infatti, ciò che prima veniva realizzato solo in materiale polimerico, con scarse prestazioni in termini di durezza e resistenza a trazione, a partire da quegli anni si affacciano sul mercato delle stampanti 3D che realizzano parti in polimero ma che hanno livelli di resistenza meccanica pari al metallo (nello specifico, all’alluminio).

Tutto ciò scatenò un effetto sorpresa quando si scoprì che ciò che veniva fatto in alluminio si poteva fare in “plastica rinforzata” con la stessa garanzia di funzionamento ma in tempi e costi decisamente inferiori e, quindi, più competitivi.

Additive Manufacturing: leva del freno stampata in 3D con rinforzo in fibra - 3D Company
Parte stampata in 3D con la tecnologia CFR di Markfoged che prevede un ulteriore rinforzo in fibra lunga di, in questo caso, Kevlar

C’è da aggiungere, e specificare, che la stampa 3D, o AM, non si propone di sostituire la tradizionale tecnologia estrattiva e le sue macchine a controllo numerico (CNC). Queste sono, e saranno, sempre insostituibili per le produzioni in serie o di massa. Se, però, si ha bisogno di piccoli lotti di produzione e di produrre parti molto complesse impossibili da realizzare con le CNC, allora qui diventano indispensabili le stampanti 3D industriali che fanno di queste esigenze la loro forza e specialità.

I produttori di stampanti 3D più noti divisi per tipo di materiale:

Clicca sulla tecnologia per avere maggiori informazioni su di essa.

PlasticaTecnologia
3D SystemsSLA
StratasysFDM
FormlabsSLA
UltimakerFDM
Carbon3DCDLP
Zortrax FDM
SinteritSLS
SintratecSLS
Plastica rinforzata*Tecnologia
MarkforgedCFR
MetalloTecnologia
EOSDMLS
SLM SolutionsSLM
RenishawSLM
Concept LaserSLM
3D SystemsSLS
GE AdditiveEBM
MarkforgedADAM

*per plastica rinforzata si intendono quei materiali polimerici rinforzati con fibra lunga (o fibra continua) di Carbonio, Vetro e Kevlar.

Di Alberto Bodrero
Pubblicato il 24 Maggio 2021

Filed Under: Approfondimento

Inconel 625 di Markforged, le caratteristiche meccaniche

La stampa 3D del metallo fa un altro passo in avanti. Oggi annunciamo il lancio di Inconel 625 (qui su 3dcompany.it è disponibile la scheda tecnica con le caratteristiche meccaniche scaricabili in PDF) come il materiale più recente disponibile per la stampa 3D del sistema Markforged Metal X.

Caratteristiche meccaniche dell’Inconel 625

L’Inconel 625 è una superlega a base di nichel-cromo che ha come caratteristica principale la resistenza alla corrosione ed alle alte temperature. La forza di questo materiale, infatti, non è compromessa da più cicli di calore e può resistere a temperature fino a 1000 ° C. È un materiale piuttosto facile da stampare e permette di fabbricare prototipi funzionali e parti per uso finale progettate per ambienti difficili. Inoltre, soddisfa i requisiti chimici ASTM B443 e mantiene una resistenza a trazione di 765 MPa a 600°C.

Resistenza a trazione dell'Inconel 625 della stampante 3D metallo Markforged Metal X | 3D Company

Qui alcuni dati tecnici:

Carico di rottura
StandardASTM E8
Markforged post-sinterizzazione765 MPa
Wrought* AMS 55991827 MPa

*Lavorato per asportazione di truciolo

Snervamento dello 0,2%
StandardASTM E8
Markforged post-sinterizzazione7334 MPa
Wrought* AMS 55991414 MPa

*Lavorato per asportazione di truciolo

Per una dettagliata panoramica potete consultare la scheda tecnica dell’Inconel 625 .

Costi bassi per l’Inconel 625 con la stampa 3D

Tradizionalmente, l’Inconel 625 è un materiale estremamente costoso da utilizzare. Tuttavia, la lavorazione dell’Inconel 625 con il sistema di stampa 3D Metal X consente ai produttori di sfruttare questo materiale a una frazione del costo tipico. Il motivo? Poiché il materiale viene lavorato in produzione additiva invece che sottrattiva, non esiste spreco di materiale. Per il funzionamento della stampante 3D per metallo, la Metal X, è possibile apprendere maggiori informazioni in questo articolo dedicato.

Inconel 625 dopo la sinterizzazione nel Sinter-2 della Metal X di Markforged

L’Inconel 625 ha caratteristiche meccaniche ideali per tanti settori

Questo eccellente materiale abbiamo visto che ha le sue più interessanti caratteristiche per l’alta resistenza a temperature elevate e per la resistenza alla corrosione. E’ l’ideale nelle applicazioni esposte ad acqua marina (condotti di scarico, eliche, componenti del sistema propulsivo), nel settore aerospaziale (crogioli, condutture in temperatura, componenti di turbine, scambiatori di calore, componenti idraulici), in quello chimico-energetico e per realizzare parti finite del settore del Motorsport come i sistemi di scarico.

Chimico ed Energetico

Le industrie chimiche ed energetiche necessitano di materiali in grado di gestire sia le alte temperature che un’ampia varietà di prodotti chimici. I sistemi di trattamento dei rifiuti richiedono materiali resistenti sia all’ossidazione che alle soluzioni acide. L’Inconel 625 è il materiale perfetto per questo tipo di ambienti, grazie alla sua capacità di resistere a sostanze chimiche e ad alte temperature.

Aerospaziale e Automotive

Anche le industrie aerospaziale e automobilistica hanno sfruttato le proprietà di Inconel. Le alte temperature nei motori e negli ambienti corrosivi si adattano perfettamente per molte e diverse applicazioni.

Settore marino e Offshore

Gli ambienti marini sono altamente corrosivi e col tempo mettono a dura prova anche i materiali più forti. L’Inconel 625 in compenso mette in mostra una straordinaria resistenza al cloruro di sodio a varie temperature. Il materiale è perfetto per funi metalliche e pale di eliche utilizzate in applicazioni subacquee.

Di Alberto Bodrero
Pubblicato il 30 Settembre 2019

Filed Under: Approfondimento, News

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